Intensa la retrospettiva della compagna di Helmut Newton
Gli sguardi di Alice Springs
di Anna Mosca
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Alice Spring è stata in mostra alla galleria Carla Sozzani di Milano. Alla Sozzani ci sono sempre mostre interessanti, sopratutto di donne fotografe. E’ importante comprendere lo sguardo che le donne hanno avuto nell’ultimo secolo sul mondo e sulla società.
Quello di Alice Springs è uno sguardo particolarmente forte in quanto, per lungo tempo, è stato lo sguardo, sul set, alle spalle del marito Helmut Newton. Newton è stato un fotografo significativo e indimenticabile del XX secolo che raffigurava la donna nella sua forza erotica dominatrice. Modelle bellissime, crudeli e ambigue ritratte sotto la luce dura del mezzogiorno. La luce che indurisce i lineamenti, la luce che la maggior parte dei fotografi evita.
June Browne venticinquenne australiana e attrice (nome d’arte June Brunell) conosce Newton e si sposano nel giro di un anno. Resteranno sposati per 56 anni fino alla morte di lui nel 2004. Sono inseparabili, lei è sempre presente sui set fotografici di lui fino al 1970 quando la storia racconta che lui, ammalato di influenza, per non perdere la campagna pubblicitaria di Gitanes, chieda a lei di sostituirlo sul set. E lei, aderendo a quello che dicono i testi antichi: “l’amore copre”, gli rimbocca le coperte, esce di casa e accetta la sfida. Nasce la bellissima foto delle sigarette Gitanes, il ritratto di un uomo assolutamente presente e poco finto. Su questa linea si snoderà poi il lavoro di June, diventata per la sua nuova carriera Alice Springs. I suoi ritratti avranno una qualità che la renderanno ambitissima. Verrà ingaggiata per le campagne pubblicitarie più significative degli anni ’70. Memorabili sono le sue immagini di donne, allegre, sicure, maliziose ma autonome di Jean-Louis David come quelle per Depeche Mode, Elle,Vanity Fair, Vogue e altre importanti riviste di moda che l’ingaggiano per ritrarre i famosi.
Il punto forte dei ritratti di Alice sarà lo sguardo che si riflette nella macchina da presa, la verità sul carattere della persona, quel momento intimo. Non saranno solo gli occhi a guardare noi spettatori, sarà lo sguardo. Alice farà il possibile, utilizzando tutte le sue doti d’attrice, per mettere a proprio agio davanti alla macchina fotografica le persone, per inquadrare la loro anima. Al contrario di Helmut, al quale l’anima non interessava.
Ed é proprio lei, che lascia l’Australia e la sua carriera d’attrice per seguire il marito in Francia, che cerca di riportare la magia delle storie del cinema nei suoi soggetti. In un mondo in cui le star del cinema, che esprimevano mistero, stavano per essere soppiantate dalle top-model, che non portano alcun mistero, Alice nei suoi ritratti cerca la scintilla. Le modelle sono obbligate a vestire un corpo non abitato in apparenza, cosa che riscuote grande successo di pubblico, un pubblico non ancora troppo avvezzo alla televisione allora, ma con già un’attrazione vertiginosa per il vuoto.
Lei profeticamente interpreta il ruolo dell’immagine nella società e cerca di tirare fuori dai ritratti qualcosa che invece ci colpisca, qualcosa che ci tenga ancorati all’utopia che i corpi, anche i corpi dei famosi, delle star, possono essere abitati. Come ai tempi del cinema. Và contro corrente con un messaggio lungimirante, che il nostro meraviglioso corpo, anche quando è una macchina da soldi, un idolo, non è un corpo disabitato. E ci spiazza con un messaggio forte ed anacronistico: che anche i ricchi e i famosi hanno un’anima. Alla faccia degli invidiosi.
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Articolo pubblicato nel mese di Maggio 2012 da Quinta Parete per “Verona è” mensile di cultura.