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Soprattutto nei pomeriggi estivi.
Tutto quel cucire, tagliare,
puntare, imbastire, ricamare.
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Aprire e chiudere le stoffe, le forbici.
Tirare le pezze sui telai,
il filo attraverso l’ago.
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Immergerlo vederlo scomparire
-sbirciar dietro qualche volta-
vederlo ricomparire, tirarlo,
osservarne la scia colorata.
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L’arte imparata il silenzio fermo,
la creazione, il tempo speso bene.
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Sapere dove infilare l’ago dove farlo uscire
sapere con maestria e la mente sgombra
ali di serenità e vita mai accaduta.
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Come un ago nero su bianco
scrittura
posiziono una lettera dopo l’altra.
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Trascino colori immaginati
che sanno dove andare,
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il tuo mare è verde, il mio sciacquato di blu,
il suo petrolio, per lei è sempre grigio.
Appunto le parole, tiro il foglio, lo giro
cosa sarà avvenuto dietro i miei occhi.
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Taglio, taglio, taglio dopo il nodo i fili che pendono,
tutto ciò che è largo, che slabbra, che avanza.
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Se tu vedi
in due righe
capisci il resto cresce.
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Lei ha perso i denti,
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lui il sorriso.
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