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Stratigrafia [miˈlaːno], 2011

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 .

Cammini per i larghi viali del parco

in autunno, ti vedi correre per perder fiato

 .

nel buio più nero con gli abiti al vento

corsa via dalla vita

 .

masticata dalla morte che non ne puoi più

di vederti, agli altri sei icona intoccabile

 .

hanno un piedistallo per te e

nessun abbraccio.

 .

Non sorrisi sinceri, nessuno ti entra

ti toccano come cristallo infranto

 .

non toccano

 .

resti fragile senza calore

affondando momento dopo momento

 .

fiocchi ghiacciati deboli

ormai solo le vene battono.

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Stratigrafia [miˈlaːno], 2011

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(dedicata ai miei studenti)

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Milano è come un treno

 

mi attraversa
sincera nel gesto discreta

nasconde bellezza

un diario non letto

un set non ancora sveglio
freddo la mattina
mi solletica piano
stringe i cordoni

sempre più vicina – dentro

 

un ventre aperto.

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Stratigrafia [miˈlaːno], 2011

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(dedicata ai miei studenti)

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Hai i tuoi anni

dimentichiamo che esisti anche sotto

nessuno più ti percorre lì

saresti da scoprire.

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Chi soggiorna sui tuoi prati

non più bambini, pochi cani

personaggi strani,

d’altri mondi

seduti sulle tue panchine

anche addormentati.

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Raccontano che non sei fatta

per gli incontri, non sei pensata

per accogliere, far sostare

in ammirazione non dai

contemplazione, tu

non susciti dialogo.

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Ti stai mettendo troppo in mostra

i tuoi percorsi sono solo vetrine

e queste nuove mise

di vetro e acciaio

non fanno per te,

non ti credere

europea.

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Stratigrafia [miˈlaːno], 2011

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(dedicata ai miei studenti)

 

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Siamo città

pulsioni, traffico, intasamenti, ingorghi

strade da sistemare da pulire

la notte quando la maggior parte del sistema dorme,

tubature da riparare,

luci che s’accendono.

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Stratigrafia [miˈlaːno], 2011

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(dedicata ai miei studenti)

 

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Milano è sazia d’anelli

ne ha le mani piene

più di quanti ne convenga

-altre hanno solo reticoli.

 .

Concentrici ne segnano l’età

il centro storico, il parco celtico

solo raccontato nel cuore,

l’anello ricco, la banda è più larga

fila un po’ più liscio di porta in porta.

 .

Anche l’altro più moderno e largo

quasi anatema, ma come hai fatto

a crescere con tali brutture intorno

la filovia che non si ferma mai

ingoia e vomita bulimia urbana

.

qui ti si percorre con meno attenzione

velocemente, quasi non conti, non ti si ascolta

ti si fugge. Gli spazi organizzati circolarmente

dilagano, sbordano alle tangenziali

dove ti si prende in giro

a velocità non consentite,

la tua corteccia continua

ad inspessirsi.

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Fatta a lamelle, falda su falda,

linguaggio su linguaggio

non si rammenta il cuore

un po’ più scuro un po’ più caldo.

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Milano si ritira come l’acqua dei Navigli

come i milanesi raggrinziti

mescolati nel risotto

dei menù per turisti.

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